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IL BAMBINO DEL FIUME

"Si è spesso e fidentemente asserito che l’origine dell’uomo non può essere conosciuta: ma l’ignoranza più frequentemente ingenera fiducia che non il sapere: son quelli che sanno poco, e non quelli che sanno molto, i quali affermano positivamente che questo o quel problema non sarà mai risolto dalla scienza".
Charles Darwin, L’origine dell’uomo


Questa notte soffia il vento, presagio del cattivo tempo che caratterizzerà la settimana ventura. Condizione uggiosa che coinvolge spirito ed l’animo innescando la necessità di scrivere per comunicare. Forse uggiosa era anche quella giornata tanto remota da non trovarsi traccia in alcuna memoria, i cui accadimenti però sono testimoniati da alcuni resti che timidi emergono dalla battigia. Molte volte sono passato per quel luogo, molte volte nei giorni scorsi la mia via ha sfiorato le prove del passato, molte volte nei giorni scorsi si sono incrociati i nostri destini, il mio in evoluzione, il suo in apparente quiete raggiunta. Era una settimana torrida, tipica di una pianura che ormai da anni vede nell’estate implacabili incrementi di calore che anno dopo anno sbalordiscono le persone. Il sole cadeva a picco, riflesso dalla salda prua del kayak ad indicare una via non tracciata che il destino voleva si seguisse. La fatica nelle braccia, la sete insistente, la corrente vorticosa ed il fato, spinsero la barca verso un punto remoto della barra sabbiosa, un’insenatura come tante, caratterizzata da moltitudini colorate di ciottoli che numerosi segnalano possibili ritrovamenti. Esco sfilando le gambe spingendomi con le braccia verso l’alto, ripristinando la sensibilità degli arti con una breve sosta sul bordo posteriore della canoa. Infilo la pagaia nella sabbia, ne appendo la maglietta inzuppata e ormai catturato dall’irrefrenabile istinto della ricerca inizio a scandagliare tutte le forme interessanti che costeggiano la battigia. Qualche frammento di ceramica, quarzite gialla come il miele, diaspri rossi, frantumi di anfore e rifiuti urbani di svariato genere. Venti minuti di percorso, gli occhi come unico strumento per rilevare la presenza di possibili reperti ed una condizione mentale caratterizzata solo dalla comparazione infinita tra la moltitudine di forme percepite e le migliaia d’immagini di reperti memorizzate dai libri. Nulla. Il fiume ingeneroso vuole smentire l’istinto che guidò la barca fino all’attracco. Ritorno sui miei passi. La delusione è contrastata dal piacere dell’aria aperta, dal senso di libertà che si prova sfidando il fiume, dal silenzio disturbato soltanto da qualche gruccione o da chiassosi cormorani. La canoa è pronta per ripartire, indosso la maglietta ormai perfettamente asciutta, sfilo la pagaia come la spada nella roccia ma un dettaglio scalfisce l’attenzione. Un piccolo particolare combacia con qualcosa di già visto non so dove, su un libro forse, su un reperto già preparato o nella moltitudine di fossili del museo. Mi abbasso per raccoglierlo e dalla sabbia bagnata e melmosa emerge un oggetto, consueto per la forma complessiva ma troppo piccolo per la norma. Non comprendo, sembra qualcosa di già visto ma troppo piccolo, danneggiato, ricorda vagamente una mandibola, ma sono certo che un lavaggio sommario potrebbe suggerire nuove idee. L’ipotesi non è sbagliata, la parte anatomica corrisponde ma le piccole dimensioni, non attribuibili alla cattiva conservazione, rappresentano semplicemente l’osso mandibolare di un piccolo, un cucciolo che studi eseguiti nell’isolamento della mia stanza di fronte al libro più opportuno ospitato nella provvista cassapanca, classificano come appartenente ad un bambino di età compresa tra gli otto o nove anni. E’ il bambino del fiume, colui che tra mille vicissitudini ha attraversato lo spazio ed il tempo per affiancarsi a Lucy, per un aiuto non banale nel descrivere con essa, alcuni passi di ciò che siamo, del fumoso inizio della nostra specie, degli innumerevoli salti evolutivi e delle infinite sfumature culturali, sociali, geografiche e storiche dalle quali siamo derivati. Entro pochi giorni troverà spazio nel museo, quel ripiano nell’esposizione che gli appartiene di diritto e che lo responsabilizzerà del compito di raccontare a qualunque interessato volesse chiedergli, quale sia stata la sua storia fino alla fortuita coincidenza che, molti anni dopo la sua pur breve vita, ha fatto incrociare i suoi muti resti alla via di qualcuno in grado di comprenderne il silente linguaggio…

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