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LA STORIA NELLA ROCCIA...

Non ho una grande esperienza geologica, nel senso che in genere la mia partecipazione a progetti scientifici consiste in analisi di laboratorio, pertanto le poche esperienze sul campo derivano da iniziative personali o da sporadiche escursioni legate comunque alla paleontologia. Anche questa volta, infatti, il field trip cioè l’escursione geologica, non è direttamente collegata al progetto di ricerca ma rappresenta, oltre che un ottimo compendio di geologia antartica, uno degli itinerari più ambiti per qualsiasi appassionato di Scienze della Terra. Le Dry Valley o valli secche, sono lunghe valli localizzate nella catena Transantartica tra le cime coperte dalla calotta polare permanente e la linea di costa dove inizia il ghiaccio marino, enormi canali che scorrono tra vette altissime fino al mare incanalando i fortissimi venti catabatici. Per questo motivo le valli risultano interamente prive di ghiaccio e neve, con sedimenti e rocce in bellavista, aspetto questo ultimo che le rende ai geologi appetibili quanto il formaggio per i topi… Siam partiti in otto, alle 7.45 del mattino, per recarci all’eliporto dove era programmato un volo specifico per il gruppo. Abbigliamento pesante, zaini con ogni tipo d’attrezzatura di sicurezza e per la tutela del sito nonchè borse di salvataggio sull’elicottero. Ogni precauzione in questi casi non è mai troppa, facile risulta infatti rimaner bloccati nella valle dalle condizioni meteorologiche con la necessità di ricerca di un riparo. Per fortuna non è andata così, la giornata era “calda”, assolata e piacevole, con pochissimo vento ed una luce brillante capace di ravvivare oltre il reale i colori delle rocce. L’elicottero neozelandese sfreccia con noi a bordo tra le vette che sovrastano le valli, meta Wright Valley, dove poi percorreremo un itinerario a piedi costeggiando il lago Vanda per raggiungere un rifugio al quale fare appoggio in vista di una campionatura paleontologica in un deposito sedimentario marino pliocenico….in soldoni, a cercar conchiglie fossili. L’elicottero è atterrato su una cima pianeggiante che sovrasta la valle col lago Vanda alle spalle ed uno scenario di fronte capace di lasciar chiunque senza fiato. Il paradiso del geologo: strati sedimentari con intercalati strati vulcanici, sequenze stratificate ordinate, segni d’erosione, trasporto eolico, trasporto fluviale, il tutto esposto, evidente e raggiungibile, senza copertura nevosa e senza un filo di vegetali a disturbare. Un deserto, secco, col lago azzurro ghiacciato alla base in una distesa di ciottoli lucidi e brillanti completamente levigati dall’azione continua del vento.
Ogni roccia è lucida e smerigliata, un appassionato di geologia non può fare altro che trasgredire i regolamenti (tutela del sito) riempiendosi le tasche di questi ventifatti fino a scoppiare per poi fingersi agli occhi della guida leggero e innocente… Breve tappa ad ammirare il panorama incredibile con le nozioni della guida e poi ripartenza per raggiungere il fondo valle ed iniziare un itinerario a piedi tra giganti di roccia all’interno di un corso fluviale, secco naturalmente. L’elicottero ci lascia al rifugio Vanda trasferendo le borse di salvataggio nella meta della nostra escursione, ci recupererà solo nel pomeriggio a circa 8 km di distanza, in prossimità di alcuni depositi marini contenenti conchiglie fossili che dovremo campionare per una comparazione con quanto rinvenuto nelle carote. Si rimane incantati di fronte a tanta bellezza, stratificazioni colorate di rosso intenso incrociano pareti gialle ocra e massicci strati neri generati da infiltrazioni di magma bollente che erosero e spostarono gli strati preesistenti. Un intrico di colori dal rosa al giallo, dal rosso al nero che mischiandosi nei detriti a fondo valle generano un grigio rosato costituito da ciottoli di ogni genere e dimensione, accomunati da una lucidatura eolica superficiale in grado di rendere prezioso agli occhi anche il più insignificante sasso fluviale. Ciottoli caduti dalle vette, trasformati in perle dal vento e trasportati a valle nell’attesa di finire prima o poi in mare. La probabilità che uno di essi finisca sepolto da centinaia di metri di sedimenti infondo al mare e che tra milioni di anni venga campionato mediante un cilindro di tubi lungo chilometri ma largo pochi centimetri è pressoché nulla, ma come ANDRILL ha dimostrato, nulla è impossibile. I ciottoli rinvenuti nelle carote provengono proprio da questi luoghi, tenendoli in mano ed imparando a leggerne la storia, si arriva alla loro origine, ai tempi ed agli eventi che li hanno erosi, trasportati e sedimentati. Ogni ciottolo è una capsula a tempo, un indizio di cosa, come e quando un evento climatico o geologico sia accaduto, una storia racchiusa in un oggetto apparentemente insignificante che rispecchia le infinite ambizioni scientifiche di prevedere cosa ci accadrà e le ancor più flebili idee su come prevenirlo o affrontarlo.

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