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Rinvenimento di resti fossili di Emys orbicularis (Linnaeus, 1758) in un clasto di torba del fiume Po: indagine paleoambientale

Il fortunoso rinvenimento di resti ossei fossilizzati di un esemplare di Emys orbicularis in età riproduttiva, su una barra di meandro del Po ha permesso di affrontare una discussione legata alla facies sedimentaria coinvolta nella produzione di strati torbosi ed alla dinamica fluviale che può aver portato frammenti di questi strati antichi su formazioni sedimentarie recenti.
La presenza di esemplari in vita di E. orbicularis sul territorio italiano, ed in particolare nella provincia di Cremona, rappresenta un utile strumento di comparazione per ricostruzioni paleoambientali. Diversi sono i siti segnalati in provincia nei quali sono stati eseguiti studi ed avvistamenti di popolazioni di Emys (GHEZZI, 2005). Alcuni di questi siti, in particolare quelli dove l’intervento antropico risulta ancora limitato, garantiscono un utile scorcio di ambiente paludoso “primordiale”, caratterizzato da rigogliosa vegetazione arborea con associazioni faunistiche costituite oltre che da E. orbicularis, da rettili, anfibi, pesci, insetti, micromammferi ed uccelli. In generale un ambiente con acque stagnanti, ricco di vegetazione, con fondale fangoso o anche pozze d'acqua stagionali, come confermato dal ritrovamento nella matrice torbosa analizzata, di resti frammentari ed integri di conchiglie appartenenti al genere Planorbis.
Attualmente E. orbicularis presenta in Italia una distribuzione disomogenea, sintomo della dipendenza da habitat sempre più coinvolti nelle attività antropiche, che favorisce la permanenza di numerose sottospecie (13 finora riconosciute).
Purtroppo i resti ossei rinvenuti non rappresentano uno strumento utile né per effettuare determinazioni relative alla sottospecie d’appartenenza né tanto meno al sesso dell’individuo. Risultano infatti caratteri morfologici distintivi le dimensioni ed il peso, le differenze di pigmentazione, una certa concavità del piastrone nei maschi adulti ed una maggior lunghezza della coda, associata al maggiore spessore e allo spostamento dell’apertura cloacale all’indietro, dovuto alla presenza del pene (LANZA, 1983, MENASSÈ, 1993; ARNOLD, 2004).
Una stima dell’età del fossile risulta complessa vista l’assenza di contesto stratigrafico del clasto torboso di rinvenimento. Una soluzione legata ad analisi radiometriche sul carbonio dei vegetali carbonificati della matrice potrebbe garantire l’attribuzione di un’età, sempre che i resti in esame siano più giovani di 5730 anni, valore limite del tempo di dimezzamento del 14C.
Il Genere Emys in base ai reperti fossili trovati in più località dell'Europa Centrale, risalirebbe al Pliocene (10 Milioni circa di anni fa), ma la maggior parte dei generi attuali degli Emididi era già comparsa nell'Oligocene (30 milioni circa di anni fa) sia nel Nuovo che nel Vecchio Mondo. Il caso del fossile in esame invece riguarda certamente resti olocenici, datazione che potrebbe essere ulteriormente affinata mediante indagine dell’associazione paleobotanica o radiometrica sui resti vegetali inclusi.


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