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THE COLLECTOR LIST


 

In genere ci si organizza per una vacanza al mare preparando una lista di oggetti indispensabili per affrontare i 15 tanto desiderati giorni di sole.
Ci si propone un’abbronzatura impeccabile, ozio sfrenato sul lettino, bibite fresche, buona frutta, letture a volontà, gossip d’ordinanza e magari nuove ed interessanti conoscenze.
Tutto questo accade quando chi decide di prenotare una vacanza è una persona normale, intendendo col termine normalità, il turista vacanziero medio, quello che con la propria famigliola standard: un paio di bimbi, una moglie ed un mutuo sulla casa, decide a metà anno di fare qualche sacrificio, ma di portare l’allegra combricola a friggere sotto il sole nord africano. Che in settembre è ancora bello tosto.
Io però non sono una persona normale.
La mia lista non prevedeva costume da bagno, crema solare protezione totale, infradito brasiliane e riviste patinate tutte tette e flirt estivi.
Nella mia valigia trovano generalmente posto sacchetti da campionatura, scatole a chiusura ermetica, pinze da dissezione, coltello Latherman multiuso, taccuino Moleskine, 3 matite, una penna, macchina fotografica, scarpe da trekking e tanta, tanta voglia di avventura naturalistica.
Certo, trovare l’adrenalina pura in un villaggio turistico è tutta un’impresa, però, lontano dagli occhi indiscreti della propria moglie, convinta di passare 15gg di condivisione pargoli e convivenza strettissima sulla spiaggia, prima di partire si può facilmente fingere di voler staccare da tutto e da tutti, lasciando a casa il MacBook o l’Ipad, e avvalendosi di un solo poverissimo telefonino da sms.
L’avventuriero però non riesce a partire allo sbaraglio, ha sempre bisogno di un piano organizzativo di ricerca e di sopravvivenza: fotografie aeree della zona, immagini 3D delle principali attrazioni archeologiche nel raggio di 100km, pubblicazioni scientifiche delle stratigrafie rocciose dell’area in esame e guida naturalistica della flora e della fauna del Mediterraneo.
Poi, l’istinto e l’esperienza del viaggiatore completano l’opera organizzativa che, sacrificando i primi tre giorni di vacanza con l’insospettabile e incondivisibile osservazione territoriale, permetterà di preparare le escursioni mirate finalizzate al recupero dei reperti.
In genere il naturalista complessato (collezionista), costruisce una lista di oggetti da ricercare che generalmente hanno in essa un ordine gerarchico di importanza e di probabilità d’essere trovati.
Per esempio, la mia lista, prima della partenza per la Tunisia, era così composta (dal reperto più comune e meno ambito al più desiderato e raro):

  1. conchiglie attuali ordinarie;
  2. conchiglie esteticamente apprezzabili;
  3. rosa del deserto;
  4. gasteropodi attuali di grandi dimensioni;
  5. fossili;
  6. fossili interessanti di aspetto apprezzabile;
  7. fossili belli, rari e paleontologicamente significativi;
  8. resti (fossili o attuali) di cheloni;
  9.  cranio di tartaruga marina.

Naturalmente la lista naturalistica non viene mai scritta, essa è perennemente impressa all’interno del cranio del collezionista, dove soltanto il proprio cervello può leggerla e rileggerla rendendola indelebile.
Anche i più grandi ottimisti però, di fronte ad una gabbia dorata come un villaggio turistico, vacillano nella consapevolezza che difficilmente riusciranno a superare la metà dell’elenco. Probabilmente ci si dovrà accontentare di ciò che passa in convento nei frangenti di libertà condizionata nel Club, quando rivenditori rigorosamente abusivi faranno il loro ingresso in spiaggia per proporre le ricchezze naturalistiche della regione.
La spiaggia appunto, primo giacimento naturalistico da indagare. Qui le conchiglie spiaggiate sono abbondanti. Innumerevoli esemplari di bivalvi per le quali non vale nemmeno perdere tempo di classificare. Qualcuna comunque va raccolta (Step 1). Rari invece sono i gasteropodi, le cui spire sempre attirano l’uomo con la loro bellezza. Opercoli colorati (Bolma rugosa) e conchiglie (Murex sp.), sono l’obiettivo da raccogliere (Step 2).
Ed ecco quindi spuntare uno di questi rivenditori, uno smilzo con un solo dente incisivo, sigaretta spezzata in bocca, borsa della spesa in plastica verde fluorescente anni 80 e 7, 8 pezzi di apprezzabile dimensione, di rosa del deserto (Step 3).
Il prezzo è stracciato, ma non posso accontentarmi i primi giorni senza combattere, di un reperto sittanto ordinario, comune e utile solo a raccogliere la polvere in salotto. Così desisto dall’acquisto, ma sfrutto la sicura esperienza dell’uomo delle rose di gesso per indagare a quale altro ambito step posso aspirare. Con le rose ha anche qualche conchiglia, grande per le dimensioni generali dei molluschi, ma ordinaria per la specie. Non esistono più gli esemplari grandi, ormai il mare li ha esauriti.
Sono sicuro che ce ne sono ancora là, indicando con sicurezza la direzione del porto mai visto ma presente sulle foto aeree.... E poi se sono rare le posso pagar bene.
Va bene amico, non c’è bisogno che vai la, se mi assicuri che la compri da me te la porto nel pomeriggio. Ok, vediamo le dimensioni e poi decido. Ma la compri? Si, solo se è grossa. Ma grossa quanto? Grossa grossa.
Nel pomeriggio il tizio ritorna. Con la stessa borsa. Senza rose del deserto e senza conchiglie ordinarie. Ma con una sola Charonia nodifera, che occupa tutto il contenitore. E’ grande abbastanza. Si lo è. 35 dinari? Ok 35. (17 euro). Viene da Djerba.
Ma delle altre, di quelle più comuni, rotonde, ne hai di grandi? No, di quelle non ce ne sono proprio. Ok, se lo dici tu? (Andrò al porto domani).
Il venerdi, al porto di Mahdia, c’è il mercato. Una folla immensa si rincorre nel caos più assoluto tra motorini, taxi e automobili logore d’altri tempi, intorno ad un mercato immenso, variegato, dove è possibile trovare ogni cosa, dal camaleonte essicato al televisore LCD, fino alle spugne grezze e alle conchiglie locali, comprese le innumerevoli Tonna galea lucidate e di dimensioni ordinarie.
Vi sono però negozi strani, quelli di spezie e di legumi, che espongo anche conchiglie e spugne e che fuori sono limitati da barili e cassoni pieni di conchiglie grezze, puzzolenti, tra le quali, invisibili, vi sono esemplari più grandi.
Vorrei quella! Ah, the big one! Si quella, quanto vuoi? Beh, quella è grande, 10 dinari! 10? Si! Ok, 10 dinari (5 euro) (Step 4).
Nei giorni successivi la concentrazione è stata rivolta alle rocce. Arenaria gialla, fossilifera utilizzata per tutte le grandi costruzioni, antiche e moderne. Pietra abbondante ed economica, certamente affiorante nelle vicinanze.
Tra le conchiglie, sulla spiaggia, numerosi ciottoli levigati ed arrotondati, di colore giallo, marrone, chiazzati di bianco. Ad un’osservazione più accurata, le macchie bianche nei ciottoli sono parse subito resti fossili, conchiglie incluse nella matrice arenacea gialla: bivalvi (Cardium sp., Glycimeris sp.) (Step 5) e gasteropodi a stretta spira, allungati, del genere Cerithium. Naturalmente la ricerca si è subito focalizzata su quest’ultimo gruppo (Step 6). Provengono dall’arenaria affiorante a 100 metri dalla battigia, ad una profondità di 5 metri.
Il rinvenimento fortuito, di fronte ad un martini bianco, tra una bottiglia di scotch ed una di vodka, di uno Strombus bubonis fossile, incrostato di arenaria grigia fossilifera, ha reso il soggiorno, anche quello interno e ricreativo, più interessante perchè finalizzato al raggiungimento di quell’esemplare.
Lo Strombus è un fossile guida, ne sono certo, perchè è un ospite caldo del Mediterraneo e quindi è stato presente per pochi frangenti nelle acque chiuse del Mare Nostrum. Raggiungo il mio obiettivo solo verso la fine della vacanza, offrendo 15 dinari al capo bar. Egli accetta subito: 7 euro (Step 7).
Gli obiettivi definiti dagli step 8 e 9, non sono facili da ricercare, perché essendo attuali non hanno riferimenti, se non le testimonianze delle persone, oppure indizi di resti al mercato.
Il mercato del venerdi offre soltanto un carapace completo di Testudo di piccole dimensioni, una tartaruga di circa 5-8 anni. Stessa specie rinvengo anche in uno shop a El Djem, in visita all’anfiteatro romano. Deduco quindi che la testuggine terrestre è specie comunemente diffusa nel territorio tunisino, perlomeno intorno a Mahdia. Le parole di un animatore italiano, assolutamente inesperto, confermano, alla mia domanda, la presenza di testuggini fino a ridosso della spiaggia: una vive sotto la baracca dei custodi!
Ma non è ciò che cerco, quello che voglio sono resti scheletrici di Caretta caretta.
Così, senza indicazione alcuna, se non quella di un altro animatore, esperto di catamarano, che mi conferma di averne visto un esemplare in mare, mi addentro lungo la spiaggia, verso il centro della città, dove tra gli scogli, e i mille rifiuti che purtroppo accompagnano il litorale tunisino, scorgo la metà sinistra di un carapace di tartaruga marina, non molto grande, ma comunque integro. La riconosco per la forma delle costole che dall’interno del carapace risultano ben visibili. Raggiungo il reperto, lo capovolgo vedendo che il carapace è stato dipinto accuratamente come fosse uno scudo, poi buttato in mare. Accessorio ornamentale di una barca? Ornamento di una casa marina? Forse. Sta di fatto che ne prelevo una costola integra, raggiungendo incredibilmente lo Step 8.
Sono soddisfatto, descrivo i miei ritrovamenti, ammiro i fossili e le conchiglie, e senza più la frenesia di collezionare mi dedico alla vacanza nel vero senso della parola. Ma la fortuna vuole proprio premiarmi.
Mi iscrivo inspiegabilmente ad un torneo di Beach Tennis. Chiamato a giocare in coppia, mi impegno passando il primo turno. Torno dopo una doccia allo sdraio di famiglia e dopo un’ora circa ritorno al campo per la seconda partita. Raggiungo le squadre e ai loro piedi scorgo un grosso cranio.
Perdo la parola.
Guardo i presenti e titubante chiedo: di chi è? Mi rispondono: cosa? Il cranio, questo cranio, e lo prendo emozionato tra le mani. Mi guardano allibiti e mi rispondono, lo abbiamo buttato lì noi, per non finirci sopra giocando. Stava là. A bordo campo.
Riguardo tutti e chiedo: lo posso prendere io? Se ci tieni!
Sapete cos’è? No. Un cranio. Si, ma di cosa? Di una tartaruga marina, della specie Caretta caretta. Introvabile. Raro. Sapete quanto vale? No. Meglio.
Ok, allora me lo tengo io, va bene? Si (Step 9).
Perdo la semifinale, ma sono comunque felice. Forse ho perso proprio perché ero appagato, o forse no. Sta di fatto che per qualche istante ho pensato di essere vittima di una candid camera.
Torno allo sdraio, mostro il cranio a tutti gli interessati e poi mentre lo guardo penso: è integro, ben conservato e recente. E se ci fosse il resto dello scheletro? Vado a vedere nel pomeriggio, scandaglio tutta l’area di retro duna interessata e ritrovo solo un singolo osso, un radio probabilmente. Uno Step oltre ogni previsione.

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