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IL FEMORE DI LUCY

(Donald Johanson e Lucy)

Era l’anno 1974 quando in Etiopia, sotto le note di “Lucy in the sky with diamonds”, il dottorando americano Donald Johanson e il suo Team di ricerca scoprirono i frammenti di un piccolo scheletro che una volta ricomposto divenne l’olotipo della specie Australopithecus afarensis.
Il fossile venne catalogato col codice AL 288 e soprannominato immediatamente “Lucy” come imposto dall’insistenza dei Beatles con l’unico disco disponibile nel campo, e dalla decisione della ragazza di Donald poi sostenuta dell’intero Team.
Da allora Lucy è un’icona della paleoantropologia tanto da surclassare, per notorietà, perfino il proprio scopritore.
In questo scheletro, circa il 40% del totale, è contenuto anche il femore sinistro che, seppur spezzato, ha fornito alcuni dati chiave nella ricostruzione della specie. La forma dell’osso, ed in particolare l’angolo tra la testa del femore e la diafisi, indussero a sostenere l'esistenza della postura eretta prima della comparsa del genere Homo. Il dato, unito all’ampiezza del bacino, suggerì inoltre il sesso femminile della piccola australopitecina.
In Lucy, l’omero è lungo circa l’85% del femore, nell’uomo il 70% e nello scimpanzè il 100%. Secondo questo dato l’Australopithecus afarensis, venne collocato evolutivamente tra lo scimpanzè e l’uomo così Lucy divenne il MISSING LINK, l’anello mancante.
Disse Donald Johanson ieri, durante la sua conferenza al Museo di Firenze, che il ritrovamento di Lucy fu la prima tangibile prova a sostegno dell’ipotesi di Darwin e di Thomas Huxley. In particolare, quest’ultimo, sostenne nel suo saggio “Evidence as to Man’s Place in Nature”, l’origine e l’evoluzione africana dell’uomo.
In base a questo assunto, Johanson indirizzò le proprie ricerche in Etiopia, proprio come se ad Afar avesse, il 24 novembre 1974, un appuntamento personale con Lucy.
Ieri, 17 aprile 2013, il calco del femore di Lucy, appartenente allo scheletro conservato nel Museo Paleoantropologico del Po di San Daniele Po (CR), è stato portato a Firenze dal Professor Johanson per ricongiungersi col suo grande scopritore ed esserne autografato.
Senza mezzi termini posso affermare di aver assistito alla più grande lezione scientifica a cui mi sia mai capitata l’occasione di partecipare. In un’aula magna gremita all’inverosimile traspiravano stima e ammirazione per l’anziano relatore, distinto ed elegante, straordinariemente chiaro, deciso, brillante e spiritoso. Un’ora di lezione che, partita dalla teoria dell’Evoluzione per selezione naturale, si è snodata attraverso un resoconto delle scoperte e delle analisi scientifiche a carico di fossili pre e post Lucy. Ironicamente amara è stata l’osservazione che almeno un 70% degli americani non crede nella teoria di Darwin ma il fatto che probabilmente molti non credono neanche alla teoria di Newton, non evita che un qualsiasi oggetto librato in aria ricada al suolo... E infatti grazie alle indicazioni proposte da Darwin e dal suo mastino Huxley, le ricerche paleoantropologiche del PhD di Johanson portarono alla scoperta di Lucy in Etiopia, proprio come previsto dalla Teoria. Piaccia o no, questi sono fatti e come tali debbono essere accettati.
Con la conferenza di ieri, Firenze ribadisce il suo ruolo centrale nella cultura scientifica italiana, ritagliandosi una nicchia paleoantropologica dove una scuola di lunga tradizione vede oggi in giovani scienziati come  Jacopo Moggi-Checchi e David Caramelli il futuro della ricerca scientifica italiana del settore. 
Il Museo Paleoantropologico di San Daniele Po invece, è da ieri l’unico museo italiano a possedere un calco completo di Lucy autografato dal Professor Donald Johanson.

(Calco del femore di Lucy con autografo su copia autografata di "Lucy, the Beginning of Humankind" (1974))


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