Rio de Janeiro dall’aereo è un’immensa macchia grigia penetrata ed invasa, in ogni sua direzione, da una fitta foresta tropicale. Lo stereotipo di Rio città di mare, belle donne, cocktail e samba non costituisce la realtà bensì un opuscolo turistico di cui la parte litorale della metropoli campa da sempre. Chiamare Rio città è profondamente sbagliato. Definirla invece un’infinita metropoli fatta di città nella città, di divari economici e sociali evidentissimi, di grattacieli altissimi ad ombreggiare sterminate distese di baracche e case incompiute, è una descrizione reale. Contrasta l’enorme divergenza contraddistinta da grattacieli altissimi e quartieri sterminati fatti di mattoni comprati all’opportunità e di case mai finite con cisterne d’acqua sul tetto. Il mare freddissimo penetra nella baia fino ad incunearsi in stretti canali attraverso una sfumatura impercettibile dall’azzurro al nero. Ci si accorge del nero malsano e tossico dei canali soltanto quando l’odore acre di fogna
l'espressione di curiosità quale anello di congiunzione tra apatia e conoscenza.