"Il Lupo del Po"
Autore Davide Persico
Ed. Delmiglio
pp. 77 - Tav. 48
€ 10.00
Il Libro “Il Lupo del Po”, edito
da Delmiglio, è un saggio scientifico, estremamente divulgativo mirato a far
conoscere questa magnifica specie, la sua storia, le sue abitudini e la sua
presenza nella pianura cremonese e parmense a ridosso del Po.
E’ il riassunto del lavoro di 5
anni di ricerca paleontologica e biologica, spiegato alla gente comune e corredato
di una album fotografico di 48 tavole, in cui sono immortalate le prove della
presenza del lupo, alcuni esemplari, le tracce, gli indizi e le sue prede,
oltre a paesaggi golenali e avifauna selvatica. Insomma un reportage
documentato e fotografato di questo magnifico predatore nel nostro territorio.
La prefazione è di Marco
Galaverni, del WWF Italia, che è il responsabile della specie e dei programmi
di tutela e conservazione da essa legata.
Le fotografie sono mie e di
alcuni amici che si sono prestati nel completamento del documentario e la
copertina è ad opera di Ericailcane, street artist che ha donato un ritratto
caricaturale del lupo al paese di San Daniele Po dipingendo la parete del Museo
e autorizzandomi ad impiegarne l’immagine per il volume.
Il Libro è patrocinato dalle associazioni di volontariato "Io non ho paura del Lupo" e "Gruppo Naturalistico Paleontofilo".
Tutte le persone
coinvolte sono di chiara estrazione ecologista e naturalistica.
Perchè il “Lupo del Po”? Da dove
nasce l'idea di mettersi sulle tracce del lupo?
L’idea nasce dalla passione
naturalistica e dall’entusiasmo provato appena accortomi che questo predatore
aveva fatto il suo ritorno in pianura.
Il tutto è iniziato nel settembre
2015, ritrovando un cranio fossile sulla spiaggia del Po nel Comune di Gussola
ma in riva destra. Questo straordinario reperto, analizzato nei minimi
particolari si è rivelato essere il cranio di una femmina di lupo, sui due
anni, vissuta in pieno medioevo, con una “firma“ genetica differente dal lupo
appenninico (Canis Lupus italicus, Linnaeus, 1758),
ma con caratteristiche genetiche delle attuali popolazioni dei Balcani
meridionali e della Grecia. Per studiare questo reperto e a causa della
passione profusa da questo studio, mi sono messo a studiare i lupi attuali,
imparando un sacco di cose e soprattutto cominciando a notare la loro possibile
presenza in Pianura Padana, specialmente in quelle aree in sponda destra a
ridosso della confluenza del Taro. L’idea poi di scriverne un libro è nata di recente, lo scorso
anno, quando un cittadino è riuscito a filmare il branco che seguivo da tempo
in anonimato, sollevando paure e timori da parte della società civile.
Solo conoscendo un argomento, e
in questo caso un predatore, è possibile fare valutazioni ecologiche e
naturalistiche per ragionare sulla convivenza con l’uomo e sul mantenimento di
un giusto equilibrio che garantisca al lupo di vivere in armonia con l’ambiente
cacciando le prede naturali, e all’uomo di usufruire ancora degli spazi
golenali senza intralciare la vita del predatore.
Naturalmente le categorie che
più hanno sollevato e sollevano perplessità sulla presenza del lupo sono quelle
dei cacciatori, e i motivi, infondo, ricadono unicamente nel ruolo di
competizione venatoria.
La certezza che il lupo è molto
vicino all'uomo, in una zona dove fino a poco tempo fa non era mai stato
avvistato (a memoria d'uomo), impone dei cambiamenti?
In realtà non è proprio vero che
non vi sia memoria della presenza del lupo in Pianura. Il lupo c’è stato, in
numero estremamente variabile di individui, nei secoli scorsi, fino ad arrivare
alla fine del 900 in cui si sono raggiunti i minimi storici di presenza in
tutta la penisola (circa 500 esemplari censiti sull'Appennino). Scarsi mezzi di comunicazione hanno poi contribuito a non
registrarne tracce o documentarne la presenza.
A seguito di politiche di tutela
favorevoli, dell’istituzione di parchi e zone protette, della plasticità della
specie, dell’incremento delle prede (caprioli e cinghiali) sui rilievi
appenninici, la specie si è poi ripresa numericamente fino ad arrivare alle
circa 2600 unità italiane che vediamo oggi.
Una leggenda da sfatare è l’idea
che il lupo in Italia sia scomparso e successivamente sia stato reintrodotto:
non è mai stata fatta alcuna opera di reintroduzione o di ripopolamento.
L’aumento numerico degli individui di Lupo appenninico è frutto di una buona politica
ambientale ed ecologica. In montagna la presenza del lupo ha portato a
cambiamenti del comportamento, in particolare degli allevatori. Allevare
animali allo stato brado, senza alcuna difesa è, in alcune zone di Italia,
incentivo al manifestarsi di fenomeni di predazione da parte del lupo sugli
animali domestici. Gli allevatori più aggiornati e lungimiranti però si sono
dotati di recinti elettrificati e di adeguati cani da pastore (Maremmano e
Abruzzese per esempio) che sono ottimi deterrenti per l’attività “nociva” del
lupo.
Qui da noi però questa condizione
non si pone. Allevamenti di ovini allo stato brado non ce ne sono e nemmeno i
bovini sono allevati al di fuori di recinti o lontani dalle cascine.
Al momento il numero di lupi in
pianura è limitato e le evidenze principali di predazione, individuate con la
raccolta e l’analisi delle fatte (escrementi) oltre che con lo studio dei resti
delle carcasse trovati in giro nella golena, sono a carico di nutrie, lepri, e
poi anche di caprioli e cinghiali, seppur in numero estremamente minore.
C’è da considerare che l’efficienza predatoria di un lupo si aggira sul 20%, cioè ogni 10 attacchi, generalmente due vanno a segno. E’ quindi facile ed immaginabile pensare ai lupi in pianura come a individui adattati a ricercare prede facili col minor dispendio energetico: le nutrie sono lente, piccole e abbondanti. Non c’è bisogno del lavoro del branco per catturarle.
C’è da considerare che l’efficienza predatoria di un lupo si aggira sul 20%, cioè ogni 10 attacchi, generalmente due vanno a segno. E’ quindi facile ed immaginabile pensare ai lupi in pianura come a individui adattati a ricercare prede facili col minor dispendio energetico: le nutrie sono lente, piccole e abbondanti. Non c’è bisogno del lavoro del branco per catturarle.
Da amministratore quali consigli
daresti ai tuoi concittadini?
Ho già elargito consigli ai miei
cittadini. Primo tra tutti quello di ascoltare gli esperti, di documentarsi e
nel dubbio di chiedere sempre. E questo libro fa parte di un percorso fatto di
eventi, conferenze ed espressioni artistiche finalizzate a informare e a
sdoganare l’idea del lupo come di un predatore necessario e utile per
l’equilibrio naturale.
Il lupo vive qui in pianura tra
Cremona e Parma da almeno 4 o 5 anni. Ad oggi non si sono registrati casi
di attacchi ad animali domestici e men che meno a persone (dall’ '800 non si
registrano attacchi all’uomo…). I lupi sono animali schivi, per nulla
aggressivi. Tendono ad evitare l’uomo e sentono la sua presenza anche a
chilometri di distanza, mantenendosi alla larga. Questo fa si che con i dovuti
accorgimenti, la tutela reciproca possa essere tutt’altro che un miraggio.
Quando si è certi della presenza del lupo in una zona è bene tenere i cani al
guinzaglio, per evitare che i cani possano attaccare o essere attaccati. Per
quanto riguarda le persone invece, la vita identica a quella che si viveva
prima di ricevere notizia della presenza del lupo è ancora la soluzione
migliore. Il lupo non è diventato più pericoloso dopo essere passato in un
filmato sul web. Semplicemente oggi, con i potenti mezzi di comunicazione,
riceviamo più notizie e spesso neanche tanto corrette.
Proprio qualche giorno fa, un amico,
cacciatore, mi ha inviato allarmato un filmato di un cane da pastore che
scaccia un branco e viene attaccato ma non ferito da un lupo nel piacentino, a
Cortemaggiore. Il filmato, vero, non c’entra però nulla col piacentino, ma
era un filmato amatoriale, in rete da mesi, e che venne girato con un
cellulare in Abruzzo... però nella comunità è stato spacciato
come autentico filmato di pianura: fake news. C’è quindi chi trae vantaggi o chi incentiva
paure e odio facendo circolare notizie false al fine di influenzare la politica
amministrativa e gestionale. Questo è un altro degli effetti negativi che
perseguitano il lupo e che spesso ne determinano danni alla specie. Di notizie
false di attacchi da parte di lupi, non comprovati, sul bestiame ne sono pieni
i giornali e la rete.
Esiste una stima di quanti lupi
siano presenti nella golena del Po?
Il mio studio si riferisce a due
aree in sponda sinistra e in sponda destra tra le province di Cremona e Parma.
Le aree in esame sono complessivamente di 140 kmq, di cui circa 90 kmq in golena.
Attualmente si ha la certezza di un branco di cinque esemplari che potrebbe anche essere il medesimo che è stato ripreso qualche settimana fa sul web e dalla stampa
locale nella zona di Cortemaggiore (PC).
Sulla sponda sinistra, quella
cremonese, da Torricella del Pizzo a Gerre de Caprioli invece, per ora sembra
vi siano uno o due esemplari. La popolazione, se numericamente confrontata con
gli ungulati presenti (caprioli e cinghiali) e sommata alle innumerevoli nutrie
e lepri, è certamente in equilibrio ecologico, anzi, le prede sono in numero
estremamente maggiore rispetto al fabbisogno.
Non hai paura di incontrare,
faccia a faccia, un lupo durante le tue osservazioni?
No, anzi, cerco questo momento da
almeno cinque anni.
Mi è capitato di vedere il branco
purtroppo solo di sfuggita e senza l’opportunità di una fotografia, cosa che
invece è capitata recentemente ad un caro amico, Giuseppe Galli di Zibello, che
mi ha gentilmente prestato alcune immagini da inserire nel volume.
Ho pensato molto a come è stato
il mio incontro furtivo col lupo e a come potrebbe essere un faccia a faccia
diretto, e nel libro, nell’ultimo capitolo appunto intitolato “L’incontro”, ho
provato a descrivere le mie sensazioni con queste parole: “Si potrebbe pensare
che, per un naturalista abituato a osservare animali selvatici, l’incontro col
lupo non sia null’altro che una pagina in più di taccuino da riempire, o
qualche altra fotografia da archiviare.
Non è così. Vedere un lupo è
un’altra cosa.
Il lupo è il predatore più grande
e raro della nostra pianura. Il solo accorgersi del suo passaggio è
emozionante. Trovarne le incisioni dei denti sulle ossa di una carcassa,
vederne le impronte sovrapposte a breve distanza dal passaggio dei caprioli,
immaginarselo goffo mentre deposita i propri escrementi sul punto più alto del
territorio per marcarlo, affinché tutti i canidi di passaggio capiscano che
quello è un confine e che se sei un altro lupo (o un cane) è meglio che te ne
stia fuori e se invece sei una preda è opportuno che tu tenga gli occhi aperti
e le orecchie dritte …tutto questo è emozionante.
Trovarsi un lupo davanti è una
scarica adrenalinica improvvisa, un cortocircuito ipnotico che si innesca non
appena ne incroci gli occhi e ti rendi conto di averlo visto senza dubbio dopo
essere stato osservato da lui per chissà quanto.
Paura? No, non è propriamente
quello, forse è più un timore reverenziale”.
(Intervista di Daniele Rescaglio a Davide Persico)
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