Dopo un intero bimestre di osservazione, questa immagine,
l'ultima, è quella definitiva.
Definitiva perché con i mezzi di cui dispongo sia il
massimo ricavabile.
Definitiva perché le lune sono esattamente dove le vorrei,
allineate, distanti e visibili.
Sono i quattro maggiori satelliti di Giove, quelli detti
medicei o galileiani, così chiamati perché scoperti da Galileo Galilei (e Simon
Marius). Si tratta di Io, Europa, Ganimede e Callisto; Ganimede, in
particolare, è così luminoso che se non si trovasse vicino a Giove sarebbe
visibile anche ad occhio nudo, di notte, nel nostro cielo.
La prima osservazione scientificamente registrata dei
satelliti medicei, e la loro scoperta, avvenne nel 1610 per opera di Galileo
Galilei. L'11 gennaio 1610 Galileo osservò quelle che credette essere tre
stelle vicino a Giove, la notte seguente ne individuò una quarta e notò che
avevano mutato posizione. Continuò quindi le osservazioni e nelle notti
seguenti notò che la loro posizione relativa rispetto a Giove mutava
coerentemente con oggetti che fossero in orbita attorno al pianeta. A volte
precedevano, a volte seguivano Giove, ma sempre ad uguali intervalli; non si
allontanano mai oltre un certo limite dal pianeta, e questo limite era
caratteristico del singolo oggetto.
Dopo aver raccolto 65 osservazioni, Galileo riportò la
notizia della scoperta degli "Astri Medicei" (in onore di Cosimo II
de' Medici).
Nelle serate spazzate dal vento, e nonostante il forte
inquinamento luminoso della Pianura Padana sono ben visibili e distinguibili
con un buon cannocchiale. La fotografia digitale poi aiuta ancor meglio a
distinguerli e ad immortalarli.
E' la foto definitiva, l’ultima che farò del soggetto. Però
continuerò a guardarli, perché non ci si stanca mai della bellezza del loro
moto orbitale e della consapevolezza che infondono nell'uomo di essere un
piccolo organismo ospitato su di un sasso in movimento nell'immenso spazio
dell'Universo.
E' fantastico vedere la compagine gioviana uscire in pochi
secondi dall'inquadratura. Comprendere che il "nostro sasso" ruota
vertiginosamente non solo quando il giorno passa nella notte, ma in ogni
singolo istante della nostra vita.
Siamo scimmie nude alla deriva, senza meta e senza
consapevolezza sul "da dove veniamo" e dove stiamo andando.
Che bella condivisione, emozione e sentimento. Siamo fatti per desiderare l' infinito eppure abbiamo bisogno di questo orologio planetario per rassicurato quando volgiamo lo sguardo al cielo
RispondiEliminaLa parola è uno strumento insufficiente per descrivere l'emozione generata da un'immagine di questo genere che rappresenta davvero la nostra propensione a cercare lo stupore dell'infinito semplicemente sollevando gli occhi al cielo
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