Questa è la storia di come alcuni frammenti fossili di alghe unicellulari marine sono diventati parte della facciata della Cattedrale di Parma.
I nannofossili calcarei sono i resti di alghe microscopiche calcaree, planctoniche, vissute nei mari e negli oceani della Terra a partire dal Triassico superiore (circa 200 milioni di anni fa) fino ad oggi.
Innumerevoli specie di questi microfossili hanno abitato nel tempo tutte le acque salate del globo generando, attraverso un rapido processo evolutivo caratterizzato da estinzioni, tournover e variazioni locali, le specie che ancora perdurano nei nostri mari.
Queste alghe, appartenenti alla Divisione Haptophyta, hanno dimensioni piccolissime, inferiori ai 50 micron (1 µm = 1 × 10−6 m). Per essere osservate necessitano di un microscopio polarizzatore a 1250 ingrandimenti ma la loro straordinaria abbondanza le rende talvolta visibili addirittura dal satellite.
I nannofossili calcarei sono i resti di alghe microscopiche calcaree, planctoniche, vissute nei mari e negli oceani della Terra a partire dal Triassico superiore (circa 200 milioni di anni fa) fino ad oggi.
Innumerevoli specie di questi microfossili hanno abitato nel tempo tutte le acque salate del globo generando, attraverso un rapido processo evolutivo caratterizzato da estinzioni, tournover e variazioni locali, le specie che ancora perdurano nei nostri mari.
Queste alghe, appartenenti alla Divisione Haptophyta, hanno dimensioni piccolissime, inferiori ai 50 micron (1 µm = 1 × 10−6 m). Per essere osservate necessitano di un microscopio polarizzatore a 1250 ingrandimenti ma la loro straordinaria abbondanza le rende talvolta visibili addirittura dal satellite.
coccolite
coccosfera
proliferazione di phytoplankton vista da satellite
Data la loro abbondanza e composizione mineralogica, esse
sono tra i principali costituenti delle rocce sedimentarie carbonatiche marine.
Per rendere l’idea le bianche scogliere di Dover sono quasi interamente
costituite da nannofossili calcarei. Ma non solo le scogliere inglesi sono fatte dei resti di
microalghe, anche numerose rocce sedimentarie dell’Appennino trovano in loro
una solida genesi.
Così succede che i loro resti, magari digeriti ed espulsi da
crostacei anch’essi planctonici o da pesci, siano caduti in bacini sedimentari
anche molto profondi e, uniti a residui terrigeni e mineralogici provenienti da
rocce precedentemente erose, siano caduti inesorabilmente sul fondo a formare
piccoli livelli di sedimento, strati o insiemi di strati, talvolta talmente potenti (spessi) da generale pile di centinaia se non migliaia di
metri di spessore.
La deformazione tettonica di questi strati, dovuta ai
movimenti delle placche geologiche ha fatto si che la loro giacitura orizzontale e
pianeggiante venisse deformata o piegata generando le meravigliose montagne
verdi che oggi amiamo tanto percorrere o scalare.
Flysch, panoramica della Val Baganza
Flysch, particolare
L’erosione dell’acqua, del ghiaccio o del vento, unita ai
processi gravitativi che spesso generano le frane, ha contribuito poi a sezionare
queste montagne mettendo in luce, in affioramenti, i meravigliosi strati rocciosi multicolore che indicano all’osservatore l’antichissima storia della genesi
delle catene montuose emerse dal mare.
strati del Flysch
strati del Flysch
Queste rocce, spesso solide e robuste, hanno da sempre
attirato l’interesse dell’uomo in particolare per la loro lavorabilità e
solidità nelle costruzioni sia abitative sia di pregio. Le case dell’Appennino
infatti sono comunemente costruite con rocce prelevate in posto o in località
poco lontane dal luogo di costruzione.
casa in roccia tipica dell'Appennino
Anche la Cattedrale di Parma, con la sua facciata a capanna
tipica di altre cattedrali del nord Italia come Piacenza o Cremona, venne in
gran parte edificata nel IX secolo, per lo meno esternamente, con materiale
proveniente da queste stratificazioni rocciose appenniniche.
Cattedrale di Parma
Osservandone i mattoni esterni infatti si possono
intravvedere stratificazioni, impronte di fondo lasciate da antichi organismi
limivori che vivevano nel fondale marino e tracce sedimentarie.
Guardando ancor più nel dettaglio però, ad esempio con un
buon microscopio, è possibile vedere, sciogliendo un granello di sedimento
prelevato da uno dei mattoni (non più di una capocchia di fiammifero), i resti
calcarei conservati nel tempo delle microscopiche alghe. Questi fossili, classificati in specie vissute nel
periodo Eocenico medio-superiore (48.7-33.7 Milioni di anni fa), contribuiscono tuttora, con la loro abbondante consistenza, a
sorreggere il pesante e sacro ruolo della più importante chiesa della città.
particolare dei "Mattoni" della facciata del duomo
nannofossili calcarei eocenici
BIBLIOGRAFIA
http://www.mikrotax.org/Nannotax3/index.php?dir=Coccolithophores
https://it.wikipedia.org/wiki/Duomo_di_Parma
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