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CRONACA DI UNA NOTTE ANTARTICA…


12-11-06 Mc Murdo Antarctica

Domenica 12 novembre, ore 22.00. La nottata, più assolata che mai, inizia con la chiamata del capo Curator. All’altro capo del telefono il responsabile del sito di perforazione conferma: durante la giornata sono stati estratti 11 metri di carota, urge ritiro immediato dei campioni per presentarli sommariamente il mattino successivo ai ricercatori che potranno decidere dove collocare la loro campionatura.
Si parte. Richiesta alla sala operativa del mezzo cingolato e poi direzione Scott Base, punto di transito per raggiungere la torre di perforazione. Ci impieghiamo circa 40 minuti ad arrivare, e preventivati altri 40 minuti per il ritorno ed una sosta di altri 30 per caricare le carote e ricevere informazioni necessarie su profondità, intervalli mancanti o osservazioni generiche, chiediamo alla sala operativa il permesso di lasciare la terraferma e di inoltrarci sulla banchisa, stimando il tempo di ritorno che, in caso di ritardo, farebbe scattare le ricerche o eventualmente i soccorsi.
Di ritorno alla base, si contattano i laboratori dove il primo gruppo di ricercatori, i sedimentologi, attende impaziente di effettuare le prime analisi, ma le carote prima di essere sottomesse al loro giudizio, devono essere adeguatamente preparate. Scarichiamo le due casse di alluminio, anche il materiale del contenitore è importante per non alterare le proprietà magnetiche dei sedimenti, presso il laboratorio di preparazione dove temporaneamente vengono stoccate in cella frigorifera ad atmosfera controllata. Buio, Temperatura di 2-3°C, umidità intorno al 20% sono le condizioni indispensabili per conservare i sedimenti senza alterarne le proprietà. Sembrerebbe ridicolo, ma entrare nella cella frigorifera dopo qualche ora fuori produce sollievo, la temperatura esterna è infatti di 20 gradi più bassa.
Si ritorna nei laboratori esterni, nel primo verranno effettuati il taglio e la preparazione delle carote, nel secondo la scansione fotografica e l’indagine spettrometrica.
Io mi occupo della preparazione. Osservata l’orientazione della carota e preparati i talloncini con codice e profondità, si passa al taglio longitudinale. La carota è generalmente suddivisa in sezioni di 1 metro ciascuna che devono essere tagliate longitudinalmente. La metà con la dicitura “Working” è destinata alle analisi, la seconda, l’archivio, è invece destinata all’analisi spettrometrica, non invasiva, e poi alla conservazione in magazzino. Solo la perdita del primo campione può giustificare l’utilizzo della seconda metà. Il taglio, effettuato con una lama diamantata, deve essere compiuto in linea mediana a bassa velocità per impiegare poca acqua di raffreddamento che potrebbe contaminare il campione. Compiuto il taglio, la sezione viene aperta su un apposito supporto, quindi inizia la preparazione vera e propria. Mediante pennello, spatole e getto d’acqua distillata si effettua un consolidamento delle parti più fragili, un recupero del sedimento caduto ed una asportazione del fango generato dal taglio e che ricopre la superficie delle carota. Quest’ultima operazione consentirà allo scanner di raccogliere un’immagine fedele del sedimento ed ai ricercatori di osservarne il contenuto traendone le dovute considerazioni.
A preparazione ultimata la carota viene ricoperta con un film di plastica trasparente per evitare inquinamenti e perdita di acqua, quindi portata nel laboratorio di scansione e microanalisi. Qui la scansione avviene con uno scanner specifico, munito di laser e fotocamera digitale ad altissima risoluzione (1 cm viene ingrandito a 50 volte). Le fotografie sono poi strasmesse automaticamente al laboratorio centrale, dove, proiettate su maxischermi, sono a disposizione dei ricercatori che vogliono osservarle.
Finita la scansione si passa all’analisi spettrometrica che fornisce un quadro completo degli elementi chimici presenti nel sedimento in relazione alle profondità.
Terminata questa fase, il Curator preleva la carota e la portarta al gruppo dei sedimentologi, al quale compete la prima descrizione. Tutto questo si svolge nella notte, ed ha come risultato una dettagliata descrizione del campione, da rendere pubblica al gruppo di ricerca la mattina successiva durante il meeting giornaliero delle 10.00. Capita spesso che durante lo studio sedimentologico vengano individuati strati carbonatici che potrebbero contenere nannofossili, pertanto essendo l’unico specialista in materia capita di venir richiamato al microscopio per qualche verifica. Studiata la descrizione i ricercatori decidono quali sedimenti e quali intervalli risultano più interessanti, inoltrando ai Curator la loro richiesta di campionatura. Questi ultimi quindi procedono distribuendo i campioni richiesti attendendo poi come tutti gli altri i risultati in vista di un’altra notte ed un altro viaggio nel tempo geologico.
Dopo i primi tentativi ed i numerosi problemi occorsi, ANDRILL ha cominciato a pieno ritmo a fornire campioni e risultati preliminari. Dopo numerose carote di sedimento superficiale soffice utili ai microbiologi si è passati alla perforazione vera e propria che finora ha recuperato oltre 100 metri di sequenza sedimentaria. Per rendere l’idea, attualmente il pozzo ha perforato 90 metri di ghiaccio, oltrepassato 900 metri di oceano e penetrato nel fondo marino per oltre 120 metri.
L’aspettativa iniziale sui sedimenti era differente dalla realtà, si auspicava un sedimento più soffice, meno litificato e più ricco di resti di organismi, ci si trova invece in una diamictite, una roccia eterogenea caratteristica di un ambiente glaciale, generata dal trasporto di sedimenti di ogni genere da parte del ghiaccio marino e degli iceberg che, erodendo il fondo marino, staccano e trasportano frammenti di roccia facendoli cadere al fondo.
Da questi primi 100 metri di strati si intravede già un’alternanza nella roccia, che corrisponde ad un’alternanza climatica. La roccia passa nella successione, da massiva e ricca di clasti (ciottoli) più grossolani, a laminata con clasti minuti. Questa alternanza indica la vicinanza del ghiaccio al punto di campionatura nel periodo in cui lo strato si è formato. Quando il ghiaccio era abbondante, quindi vicino (temperature molto basse), i clasti erano grossolani, viceversa, quando il ghiaccio era lontano (temperature più elevate), i clasti erano piccoli e minuti. Questa alternanza di sedimenti è dovuta alla temperatura. Con basse temperature si forma più ghiaccio marino che si sposta con maggiore energia trasportando oggetti anche grossolani, viceversa l’aumento di temperatura scioglie il ghiaccio determinando minore trasporto. Questa alternanza litologia (della roccia) rispecchia un’alternanza climatica occorsa non solo in Antartide, ma su tutto il pianeta.
Anche nella nostra pianura questi eventi sono registrati. Dal Po emergono infatti resti fossili che indicano chiaramente alternanze di clima, faune calde composte da elefanti, rinoceronti, ippopotami, fanno da contrasto a faune fredde composte da alci, orsi, bisonti e mammuth.
Le transizioni climatiche sono le stesse con la differenza che qui in Antartide il segnale è molto forte e preciso perché riconosciuto nelle vicinanze della calotta polare, le cui espansioni o ritiri sono causa dei cambiamenti climatici del nostro pianeta; l’Antartide si comporta come un termostato in grado di regolare la temperatura del globo.
Proprio ieri sono stati individuati nella sequenza sedimentaria alla profondità di 58 metri, alcuni livelli contenenti frammenti di diatomee, alghe silicee unicellulari che hanno permesso di datare le carote a poco meno di 1.000.000 di anni. Datazione e segnale paleoclimatico sono tra i primi obiettivi del progetto che per ora si sta svolgendo nel migliore dei modi, esattamente come dice lo slogan di ANDRILL: “Antarctic drilling to understand global change” cioè perforazione antartica per comprendere il cambiamento climatico globale. Ci stiamo provando ed i risultati cominciano a darci ragione.

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